Cappuccio e Cornetto

Cappuccio e Cornetto

10/15/2012

Famiglie allargate

Non so perché non ne ho mai parlato più di tanto, qui, fino ad ora. Probabilmente perché per me è talmente "normale", che non sento ci sia tanto da dire a proposito.
Poi ti capita di leggere storie come quella di Leonardo, il bimbo di Padova, e nell'angoscia dell'impotenza, nella tristezza del fallimento, nell'incredulità dell'accanimento mediatico, ti trovi a riflettere. Come madre, e anche come figlia.
Io sono un'orgogliosa figlia di famiglia allargata. Più o meno da sempre: i miei genitori si sono separati quando io avevo poco più di due anni. Non ho nessun ricordo di loro due insieme, solo qualche foto sbiadita, tipo filtro Toaster di Instagram. Non ho quindi coscienza diretta di come abbiano gestito la separazione, frutto di una coppia in crisi - la loro - e di nuovo amore, quello tra mio papà e A., amica da anni, e da allora in poi sua compagna e moglie (papà e A. stanno insieme ormai da quasi 33 anni, come dire... non è stata una botta di testa!). So che ci sono state lacrime, urla, telefonate di parenti, litigi di amici. So che c'è stato dolore e fatica. Io sono andata a vivere con mia madre, mio papà è andato a vivere con A., e con P., figlia del primo matrimonio di A., allora bimba di 10 anni. So che tenere in piedi le due situazioni è costato molto, a tutti, in vari termini. So che le famiglie si sono schierate, non sempre dalla parte più naturale. So che la natura umana ha fatto sì che frasi sbagliate venissero dette, armi improprie usate, e che a volte una bimba piccola sia stata usata come tramite inconscio per richieste, o ripicche, o accuse. So che il lavoro è durato anni, decenni direi - compreso quando io con la mia testa ho scelto di vivere per un po' con mio padre. Compreso quando ho parlato pianto discusso urlato e accusato per ore con mia madre, per andare a fondo di quel legame strano che si instaura tra una madre e una figlia - due arieti peraltro - costrette a dividere la quotidianità senza un padre, o senza un uomo, che faccia da contrappeso a tsunami emotivi senza argini. Però so una cosa, per certo. Che il mio bene non è mai stato messo in discussione. Che sono stata protetta, per quanto possibile in una situazione così dolorosa, traumatica, complessa. Che io e P. non abbiamo dovuto rinunciare alla nostra infanzia, ma solo cambiarne i codici, le chiavi di lettura. Abbiamo dovuto fare lo sforzo di allargare mente e cuore, per farci entrare qualcosa che usciva dal "normale". Questo sforzo ci ha regalato molto, negli anni successivi. Soprattutto una famiglia, vera, quella a cui pensi come riferimento nel bene e nel male quando ti costruisci la tua, di famiglia. So per certo che gli adulti si sono presi carico delle loro scelte, le hanno portate a fondo, le hanno condivise ma non le hanno schiantate sopra spalle troppo esili per sostenerle.
Ogni storia ha la sua verità. Ogni famiglia ha i suoi abissi che da fuori neanche si sospettano. Ma quel bambino trascinato per i piedi e filmato, quel bambino lì pagherà il prezzo di una quantità assurda di adulti irresponsabili e ciechi, un prezzo troppo, troppo, troppo alto. Quel bambino lì non potrà mai credere che alla fine va tutto bene. Quel bambino lì non potrà mai più essere un bambino. E questa è una violenza inaudita, a cui non riesco a non pensare.
Ringraziando anche, per una volta, i "miei" adulti, che tanti anni fa mi hanno regalato il lusso di poter vivere la mia infanzia, mentre loro vivevano la loro vita, più o meno facile, più o meno dolorosa. Li ringrazio, perché ora so che fare il genitore non è un mestiere, non è una vocazione: è una scelta. Quotidiana.

4 commenti:

  1. Hai ragione: quel bambino non potrà mai credere che alla fine andrà tutto bene. Che bello sentire una voce come la tua. Hai descritto una situazione particolare e intensa con una delicatezza e una serenità impressionanti: si vede proprio che gli adulti coinvolti nella tua storia hanno guardato prima di tutto agli interessi tuoi e di P. Non vi hanno tolto l'infanzia.
    Un abbraccio!
    Vale.

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  2. ...lacrime...e tu le conosci. Grazie

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  3. bello questo post. Fa capire che c'è un altro modo di essere famiglia nel rispetto dei piccoli.
    Non ho mai creduto nel fatto che i bravi genitori sono quelli che stanno insieme anche se non si amano più. In questo modo si passa il messaggio che la famiglia sia prima di tutto un dovere. Niente di più sbagliato per crescere dei bimbi infelici, perché infelici lo sono anche i loro genitori.
    Grazie ancora.

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